venerdì 21 marzo 2014

La mafia uccide solo d'estate.

L'ho visto un po' di tempo fa al cinema e sono rimasta sbalordita, affascinata, estasiata, commossa...non saprei neppure dirlo. E quindi ho scritto. Ho scritto quello che pensavo, quello che mi aveva colpita, quello che questo film mi aveva lasciato addosso...e la recensione è rimasta per qualche mese in un cassetto. Oggi -nella giornata in ricordo delle vittime innocenti delle mafie- ho deciso di proporla qui, sul mio blog, perchè credo che questo film -piú di ogni altro- andrebbe visto nelle scuole, nei cineforum, nelle piazze; penso che questo lungometraggio possa servire soprattutto alle giovani generazioni per capire quello che è stato e che purtroppo ancora oggi, troppo spesso, è.



“Ma la mafia ucciderà anche noi?”
“Tranquillo…ora siamo d'inverno? La mafia uccide solo d'estate!”

Uscito nelle sale il 28 novembre 2013 e vincitore del premio del pubblico come miglior film al Torino Film Festival, La mafia uccide solo d’estate di Pierfrancesco Diliberto –in arte Pif- risulta essere una delle rivelazioni cinematografiche del made in Italy; lo stesso Pietro Grasso, presidente del Senato, lo ha definito  “La miglior opera cinematografica sul tema mafia che abbia mai visto.”

Ambientato tra gli anni 80 e il 1992, il film vede come protagonista Arturo: palermitano, con il sogno di diventare giornalista, che vive nel mito del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e che si chiede –di tanto in tanto- che cosa sia la mafia. Intorno a lui sparatorie, avvertimenti ed omicidi, ma a Palermo la risposta –quando c’è un morto ammazzato- è sempre la stessa: “è colpa delle femmine”. E’ per questo che quando Arturo si innamora della piccola Flora -sua compagna di classe che gli rimarrà nel cuore per tutta la vita- pensa di essere in pericolo; ma grazie ad una spiccata curiosità e all’incontro con Francesco, giornalista d’assalto relegato alle cronache sportive, il giovane riuscirà ad aprire gli occhi.

Il film mostra la silenziosa e quotidiana convivenza dei palermitani con Cosanostra, “la mafia è come i cani, se non le dai fastidio non ti tocca” si sente ripetere Arturo, ma intanto davanti ai suoi occhi scorre il sangue di Rocco Chinnici, di Boris Giuliano, di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ai funerali del generale –che grazie ad un premio scolastico Arturo aveva intervistato - il bimbo arriva distrutto, corre in prima fila e cerca Andreotti. Non lo trova, il Presidente ai funerali preferiva i battesimi. Il tempo passa ma Palermo continua a mietere morti e per le sue vie si sente forte l’odore di tritolo, esplodono le auto di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino.

Pierfrancesco Diliberto racconta in questo piccolo capolavoro gli anni più bui e tristi della storia italiana con estrema delicatezza, attraverso gli occhi di un bambino e alternando, come solo lui sa fare, ironia a scene di cruda e atroce realtà. Meravigliosi sono i dialoghi tra Arturo e Francesco, in cui un magistrale Claudio Gioè (Francesco) si abbandona ad un elogio alla verità, all’autenticità, ad un vero e proprio omaggio al giornalismo pulito e al diritto alla cronaca; e struggenti sono i flash back della piazza gremita di gente ai funerali di Borsellino, che mostrano una città che piange i suoi morti e grida il suo dolore sentenziando “Fuori la mafia dallo Stato!”.

Pif colpisce mostrando tutti i più celebri omicidi a stampo mafioso; più di un libro di storia, più di un racconto, più di una foto d’epoca, il film obbliga a vederlì lì, uno dopo l’altro, terribilmente vicini e paurosamente reali. Si arriva all’ultima scena commossi e un pensiero scatta nelle menti degli spettatori, forse soprattutto di quei giovani che gli anni di piombo non li hanno vissuti: perché nessuno ha fatto nulla? Chi sapeva e non ha fermato quest’ingiustizia?

La mafia uccide solo d’estate risulta essere -alla fine- soprattutto un film di cuore, è l’amore che muove tutto: l’amore di Arturo per Flora è la ragione più profonda di ogni scelta e gesto del protagonista; l’amore per la giustizia spinge giudici, poliziotti, civili a rischiare e in alcuni casi a sacrificare la propria vita; l’amore per la verità accompagna Francesco nel suo mestiere di giornalista. Ma questo film è, più di ogni altra cosa, una grande testimonianza di amore incondizionato che Pierfrancesco Diliberto regala alla sua terra e alla sua città, Palermo, che vede lapidi in memoria di eroi dei nostri giorni ad ogni angolo delle sue strade.

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