"Antonio Schiavone, Roberto Scola,
Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe De Masi.
Il primo maggio –giorno della festa dei lavoratori- quest’anno, forse, avrebbe
dovuto ricordarsi di loro, della loro storia, della sentenza di qualche giorno
fa che riporta alla ribalta il loro caso e scuote nuovamente le coscienze.
Sono i nomi dei sette operai
morti a causa del rogo del 6 dicembre 2007 alla ThyssenKrupp, l’acciaieria
torinese da allora balzata agli onori della cronaca. Avevano tra i 26 e i 54
anni; Antonio, 36 anni e padre di tre bimbi, è morto quella stessa notte tra le
fiamme divampanti che lo avvolgevano senza permettergli di scappare, i suoi
amici e colleghi che con lui hanno visto e vissuto quell’inferno sono spirati
nelle settimane successive. L’incendio, non il primo nella sede torinese della
Thyssen in via Regina Margherita, quella notte fu provocato dalla fuoriuscita
di olio bollente che serve per raffreddare i laminati nelle acciaierie. Da subito
gli operai –alcuni dei quali presenti in azienda da oltre 12 ore e perciò con
straordinari sulle spalle in esubero rispetto alle 4 ore consentite- cercarono
di sedare le fiamme con estintori ed acqua ma non fecero altro che peggiorare
la situazione: l’acqua infatti, a contatto con l’idrogeno liquido e l’olio
refrigerante, finì per alzare un’altissima fiamma che colpì in pieno i
lavoratori. All’arrivo dei soccorsi e dei vigili del fuoco la “linea 5”, luogo
di lavoro delle vittime, era già distrutta. [...]"
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